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Le canzoni di protesta e i servizi segreti: il caso di Joan Baez

Pubblicato il 08 giugno 2022 da Ludovica Proietti

la cantante Joan Baez

Se è vero, come disse Bob Dylan, che l’arte non dovrebbe rispecchiare la cultura, ma sovvertirla, il Rock fu uno dei fattori che più di tutti destabilizzò e sconvolse la società, portando la CIA ad attuare strategie ed indagini per scovare e fermare quelli che vennero individuati come nemici dell’establishment.

Lo spionaggio di Stato tra Johnson e Nixon

Negli anni ’60 il Rock rappresentò un fenomeno travolgente: mai prima di allora la musica aveva sollecitato cambiamenti così radicali e tangibili all’interno della società, dettando la moda, proponendosi come fattore identitario e facendosi portavoce dell’impegno politico e delle battaglie impugnate dai giovani, prima tra tutte quella contro la guerra e il militarismo. In particolare, negli Stati Uniti la musica divenne il nutrimento per eccellenza dei movimenti appartenenti alla controcultura che agivano principalmente nelle università. Per circa una decina di anni la scena musicale è impregnata di riferimenti alla guerra in Vietnam, che aveva portato per la prima volta una vera e propria mobilitazione mondiale al motto “sono i vecchi a dichiarare le guerre, i giovani a morire”. Il pacifismo divenne il tema di celebri brani come Where Have All the Flowers Gone, Blowin’ in the Wind e Give Peace a Chance, pubblicata nel 1969 da John Lennon. Il governo comprende in poco tempo quale straordinario ruolo la musica possa ricoprire nell’indicare un cammino sovversivo e decide di affidare all’FBI gli interventi per ripristinare l’ordine e neutralizzare i nemici. Quando il dissenso si amplia, aggiungendo al tema dei diritti civili anche la mobilitazione contro la sanguinaria guerra in Vietnam, il Presidente statunitense Johnson decise di incaricare la CIA di scovare le reti internazionali tra gli attivisti, organizzando un’apposita campagna segreta denominata operazione CHAOS.
L’FBI, intanto, controlla da vicino i musicisti apertamente schierati con l’ala più radicale delle proteste e talvolta organizza delle vere e proprie trappole per pizzicarli in flagrante, come accadde a Frank Zappa: sospettato di produrre film a luci rosse nel suo piccolo studio di registrazione, in cui in realtà venivano realizzate solo parodie di film di fantascienza, gli viene commissionato un film osceno dal vicecomandante della polizia, che si presentò in borghese alla sua porta e lo incastrò con una registrazione audio inviata direttamente al camioncino parcheggiato all’angolo della strada.
Quando nel 1968 venne eletto il Presidente Richard Nixon il dissenso venne equiparato ad un vero e proprio crimine e contrastato con qualsiasi mezzo, finanche quelli illegali, rendendo lo spionaggio di Stato ai danni dei musicisti parte integrante dell’attività di monitoraggio degli oppositori.

L'attivismo di Joan Baez

La prima edizione del Newport Folk Festival nel luglio del 1959 rivelò lo straordinario talento della diciannovenne Joan Baez che filosoficamente e politicamente si dichiarò sin da subito molto vicina alla teoria della nonviolenza di Mahatma Gandhi e alla lotta del reverendo Martin Luther King, partecipando al suo fianco a molte manifestazioni antisegregazioniste e a favore dei diritti civili. A due anni dal suo esordio tocca con mano la piaga del razzismo durante il suo tour organizzato in alcuni Stati sudisti, che le vietarono di cantare accompagnata da musicisti neri e ritrovandosi ad esibirsi difronte ad un pubblico di soli bianchi. Dopo i primi concerti, a partire dalla città di Tucalosa, in Alabama, decise di porre come condizione la presenza di una platea mista e aperta a chiunque volesse partecipare allo spettacolo.

Il 6 maggio 1963 viene arrestata a Birmingham per aver preso parte ad una Campagna per i diritti civili che non era stata autorizzata dalle autorità locali, ma la detenzione non la ferma e continua a sostenere iniziative radicali contro la segregazione raziale e a favore del pacifismo, arrivando a dichiarare in merito al rapporto tra la sua musica e il suo pensiero politico:

Se proprio volete affibbiarmi un’etichetta, mi ritengo anzitutto un essere umano, poi una pacifista, quindi una folksinger.

Poco più di un anno dopo questa dichiarazione, Baez passa agli onori di cronaca per la decisione di detrarsi il 6% delle tasse che altrimenti sarebbe stato destinato alle spese militari, spiegandone le ragioni in una lettera aperta:

non accetto che il 6% delle mie tasse vada a finanziare le armi. Nessun uomo ha il diritto di togliere la vita ad un altro uomo. […] Adesso è tutto assurdo, sbagliato e stupido, perciò io ora affermo il mio diritto: non voglio più finanziare la corsa agli armamenti

dando nuovo impulso al movimento della War Tax Resistance.
Allo stesso tempo, decide di elaborare un vero e proprio manifesto contro l’arruolamento, nel quale decide di rivolgersi direttamente alle ragazze:

E voi ragazze, se credete che uccidere sia sbagliato e la guerra sia un errore, dite sì ai ragazzi che dicono no alla guerra.

È a partire da 1965 che la cantante decide di concentrarsi in particolar modo sul tema dell’antimilitarismo e del pacifismo, soprattutto dato l’inasprimento della tensione internazionale e delle violenze che trapelano clandestinamente a circa dieci anni dall’inizio della guerra del Vietnam. Proprio per questo, in molti in patria cominciano ad additarla come traditrice e in diverse occasioni il malcontento per la sua esibizione portò all’annullamento di alcuni suoi concerti. Nonostante questo, il successo è dirompente e, con le oltre mezzo milione di copie vendute dei suoi primi tre album, arrivano anche tre dischi d’oro.

Il tour giapponese e l'intromissione della CIA

Data la sua intensa attività, l’FBI, quando il suo attivismo si fermava entro i confini nazionali, e la CIA, nel caso di indagini su rapporti con artisti e agitatori esteri, iniziano un costante e capillare controllo del suo impegno civile e politico, come accadde nell’inverno del 1966-1967 durante il lungo tour che impegnò la cantante in molte città dell’Estremo Oriente. Durante i nove concerti, che avevano registrato il tutto esaurito, Baez decise di presentare il brano Saigon Bride, in cui mise in musica il testo di Nina Duscheck nel quale viene raccontata la tristezza di una giovane sposa, ormai sola, in una città distrutta dai bombardamenti:

Quanti cadaveri occorreranno
per costruire una diga che non si spezzi?
Quanti bambini dovranno uccidere
prima che si plachino le onde? […]
Addio mia triste sposa di Saigon
Proverò a fermare la marea […]
alcuni dicono che è gialla, altri rossa
ma non importa nulla, quando siamo morti?.

Nelle occasioni pubbliche, come concerti e conferenze stampa, le venne assegnato l’interprete ufficiale Ichiro Takasaki, mentre per gli impegni non professionali la affiancò la giovane Deko-San. Sin dal primo concerto di Tokyo la cantante si rende conto di alcune stranezze, prima tra tutte il fatto che la sua esibizione venne introdotta da un discorso non concordato tenuto da Takasaki. L’artista chiese incuriosita la traduzione a Deko-San, che spiegò, un po’ imbarazzata, che si trattava solo di informazioni di servizio, riguardanti i divieti sul fumo e le norme di sicurezza. Baez non aggiunse altro, ma non si convinse del tutto dato che avvisi del genere non avevano mai richiesto un vero e proprio discorso, né tanto meno così articolato. Nonostante questo inizio, lo spettacolo proseguì e con lui anche le stranezze: come di consueto la cantante utilizzava gli intervalli tra una canzone e l’altra per proporre al pubblico una riflessione sul significato profondo dei suoi brani e parlare di militarismo e pacifismo, ma la traduzione da parte di Takasaki di concetti seri suscitava nel pubblico ilarità e divertimento, mentre piccole battute di spirito venivano accolte con distacco e serietà. Preso da parte l’interprete ufficiale e spiegatogli più nel dettaglio i temi di cui avrebbero parlato anche nei concerti futuri il risultato non cambiò e l’incomunicabilità tra il palco e la platea sembrò sempre più profonda. Infastidita da quanto stesse accadendo, Baez decise di indagare più a fondo e notò che il termine “Vietnam”, del quale si era fatta spiegare il suono in lingua giapponese, non veniva mai utilizzato durante le traduzioni dei suoi discorsi, pur essendo ovviamente largamente presente. Il tour termina e finalmente la cantante può dedicare gli ultimi due giorni alla visita di qualche città nipponica, dove ebbe modo di conoscere un suo ammiratore bilingue particolarmente interessato alla sua musica e ai temi trattati. Entrati in confidenza, Baez chiese al suo amico Tsurumi il motivo per cui, nonostante avesse preso parte a molti concerti in giro per il mondo, solo qui in Giappone il problema della lingua si era rivelato tanto invalidante, e la risposta che ricevette fu a dir poco sorprendente:

Nel discorso introduttivo Takasaki diceva -Questa ragazza ha una voce stupenda; ascoltatela dunque con attenzione, è qui per cantare e non per parlare; quanto alle sue idee politiche, sono assolutamente irrealistiche e prive di senso. Pertanto, chi di voi capisce l’inglese non ci faccia caso e si goda la musica, ignorando il comizio.-

Quanto testimoniato da Tsurumi, venne confermato il 27 gennaio, quando la televisione locale passò le immagini del concerto e gli spettatori bilingue si resero conto dell’incongruenza della traduzione, tanto che il discorso sull’obiezione di coscienza fiscale e la conseguente decisione di ridursi del 6% le tasse venne fatta passare per una lamentela sull’esosità delle tasse.

A questo punto molti giornali giapponesi decisero di indagare e fare chiarezza sull’increscioso accaduto, scoprendo che, pochi giorni prima dell’inizio del tour, un funzionario “particolarmente influente” aveva contattato Takasaki, determinato ad evitare che i concerti, così partecipati, potessero essere il mezzo con cui propagandare posizioni antimilitariste e antistatunitensi. L’interprete si trovò spalle al muro, costretto a collaborare se non avesse voluto veder revocare il suo visto d’ingresso negli USA o, peggio, se non avesse voluto coinvolgere nessun membro della propria famiglia, rispetto alla quale il funzionario della CIA si dimostrò molto ben informato. I discorsi proposti dalla cantante durante i concerti vennero comunque annotati in alcuni dossier dell’FBI che tacciarono il suo Pacifismo come “diretto in modo particolare contro l’esercito degli Stati Uniti”.

Le battaglie proseguono

L’antimilitarismo le stava più a cuore della sua carriera e il 22 giugno 1972 organizzò una marcia di donne e bambini verso la sede del Congresso per denunciare l’uccisione dei civili inermi dalle bombe statunitensi, mentre qualche mese dopo visita Hanoi, capitale vietnamita, in concomitanza con la più vasta offensiva militare nordamericana mai attuata sul territorio, che, interrottamente per undici giorni, bombardò il Paese. L’esperienza verrà testimoniata nell’album Where Are You now, my Son?, con un lato del disco interamente occupato dalle registrazioni effettuate durante lo scroscio delle bombe sganciate dai B-52. Uscita da un rifugio antiaereo, Baez vide una donna seduta tra le macerie mentre intonava una nenia: l’episodio segnò profondamente la cantante che qualche tempo dopo in un’intervista dichiarò:

Al momento pensai a un canto di ringraziamento per essere uscita viva, ma avvicinandomi compresi che c’era qualcosa che non andava. Chiesi all’interprete cosa cantasse: ‘i miei figli, i miei figli, dove siete ora, figli miei?’. Oh, simili abissi di tristezza non possono esistere”.

Tornata in patria decise di utilizzare la sua arte e il suo successo per denunciare ancpra una volta l’orrore della guerra in quest’opera che lei stessa definì il suo regalo al popolo vietnamita e la sua preghiera di ringraziamento per essere sopravvissuta.