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L'origine mitologica dell'Aulos e della Lyra

Pubblicato il 04 agosto 2022 da Ludovica Proietti

Dipinto di Bacco di Caravaggio

(La descrizione di alcune scene del mito potrebbero rivelarsi cruente e urtare la vostra sensibilità!)

Gli strumenti, così come siamo abituati a conoscerli oggi, hanno origini lontanissime e talvolta addirittura mitologiche. Gli strumenti aerofoni a fiato, come ad esempio l’oboe, discendono direttamente dall’Aulos, un antichissimo strumento utilizzato nella Grecia antica e legato ad un inquietante mito. Contrapposto al suono dell’Aulos e capostipite dei futuri strumenti a corda, vi è quello della Lyra, le cui origini vanno individuate nel mito di Hermes, raccontato nell’Inno scritto in suo onore da Omero.

Il Mito dell’Aulos e della Lyra

Medusa, la Gorgone figlia di Forco, divinità primordiale dei pericoli degli abissi marini, e Ceto, dea dalle sembianze di mostro marino, con il suo sguardo pietrificante e la sua folta chioma di serpenti, era stata incaricata di custodire le porte del regno dei morti ed impedirne l’accesso a qualsiasi essere vivente per volere di Persefone, sposa di Ade e dea minore degli Inferi e regina dell’oltretomba. A trasformare in mostro la bellissima Medusa, che prima godeva di un aspetto stupendo con ali d’oro e mani di bronzo, fu la Dea delle arti, della sapienza e dell’astuzia militare Atena, che, secondo alcune versioni, volle punire la Gorgone per averla sfidata in bellezza, secondo altre, per aver giaciuto, o essere stata violentata, da Poseidone in uno dei suoi templi. Uccisa da Perseo, che ricevette uno scudo levigato dalla Dea per proteggersi dallo sguardo pietrificante di Medusa, la testa della Gorgone fu posta da Atena al centro della propria egida con l’obiettivo di terrorizzare i nemici.

Atena, decisa a simulare il grido terrificante della temuta creatura, inventò uno strumento musicale costruito con canne di legno, osso e avorio, chiamato Aulos. Quando però decise di provarlo, specchiandosi sull’acqua di un fiume, vide che lo sforzo del soffiare deformava le sue guance e trasformava il suo bellissimo volto in un ritratto quasi fedele di Medusa stessa, come fosse una sorta di principio del contrappasso. Spaventata e irritata da quanto accaduto lo gettò lontano da sé, abbandonandosi ad emozioni iraconde che per la Dea della Saggezza e della Razionalità erano poco frequenti. L’Aulos venne raccolto dal satiro Marsia, abitante dell’antica regione greca della Frigia, attuale Turchia, che, per via del suo aspetto di metà umano e metà capra, non temeva la deformazione corporea che l’utilizzo dello strumento avrebbe potuto procurargli. Il mostro se ne servì per sfidare la Lyra del Dio Apollo ed entrare nel rango degli Dei, ma essendo uno strumento a fiato non permise di affiancare alla melodia dell’Aulos anche la parola e perse contro la Lyra che invece accompagnava perfettamente il dolcissimo canto di Apollo. Il mito, come spesso accade, si conclude nel più tragico e violento dei modi: ilSatiro, sconfitto, venne scuoiato da Apollo e la sua pelle appesa ad un albero, destinata ad agitarsi ogni volta che un Aulos suonava nelle vicinanze.

Il racconto mitologico del primo modello di Lyra, invece, ci viene tramandato dall’Inno ad Hermes scritto dal poeta greco Omero. Un giovane Hermes, messaggero degli Dei, ma anche Dio dei viaggi, dei commerci e delle discipline atletiche, mentre giocava con la mandria di mucche di Apollo, incontrò una tartaruga, con la quale inizialmente si mise a giocare. Dopo poco, stufatosi del passatempo, la uccise e, scavato il guscio, vi applicò due bastoncini di canna e sette corde, costruendo una Lyra che usò immediatamente per intonare un inno a sé stesso, cominciando dall’amore dei suoi genitori, niente di meno che Zeus e la Pleiade Maia, che gli avevano dato la vita.

I poli opposti del mondo musicale greco

I greci concepivano il mondo musicale come ruotante intorno a due poli opposti, rappresentati dai due strumenti. La Lyra da un lato, adatta ad accompagnare la poesia, tanto che i futuri poeti, come Saffo, Alceo e Anacreonte, verranno detti “lirici” perché erano soliti accompagnare la narrazione proprio con il suo suono, e associata alle facoltà razionali, al discorso, all’istruzione e alla Saggezza, e l’Aulos dall’altro, divenuto poi il simbolo della sfrenatezza sessuale ed orgiastica.
Questa contrapposizione si rispecchiava nel dualismo profondo che interessava la religiosità greca, distinta tra religione “olimpica”, associata agli strumenti a corda e con una invalicabile separazione tra il mondo degli Dei e quello dei mortali, e il culto dionisiaco, legato agli strumenti a fiato che ammetteva la possibilità per i mortali di raggiungere un contatto intimo con il divino attraverso uno stato di trance. Affinché si potesse raggiungere questo stato veniva riprodotto il momento in cui Dioniso, secondo il mito, venne mangiato dai Titani, in un rituale che prevedeva musica di ritmo sempre più accelerato e incalzante prodotto da un’orchestra di Auloi e di strumenti a percussione, come timpani o sonagli. Il culto di Dioniso, Dio dell’estasi, dell’ebrezza e delle fantasie represse dell’inconscio, si diffuse soprattutto tra gli strati sociali più emarginati ed in particolare tra le donne.